I precari biellesi l’hanno spuntata. Il ministero dell’Istruzione è stato condannato dal tribunale a pagare più di 60 mila euro a 10 insegnanti biellesi, per non aver loro riconosciuto gli scatti di anzianità maturati negli anni di precariato. Una vittoria che porta la firma dell’Anief, e che fa capo al principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e a tempo indeterminato, sancito da una direttiva comunitaria del 1999. «Per quanto riguarda le condizioni di impiego – recita la direttiva - i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro differente».

LA RIPRESA

A rappresentare gli insegnanti è Giovanni Rinaldi, legale Anief, che si dice pronto a tutelare i diritti di molti altri prof ancora in attesa di una sentenza. «La battaglia di Anief a tutela dei diritti dei lavoratori precari della scuola – spiega l’avvocato - era iniziata nel 2011. Allora avevamo difeso una cinquantina di persone. A farla sospendere era poi stato un lungo periodo fatto di rinvii e sostituzioni di giudici nel tribunale di Biella. Finalmente da qualche tempo i giudici sono due e il lavoro è ripreso. Adesso abbiamo ottenuto una vittoria per 10 persone, alcune delle quali ora passate di ruolo. Sempre a Biella ci sono però ancora un centinaio di insegnanti in attesa di una sentenza. E per il Miur tutto questo potrebbe tradursi in un risarcimento intorno ai 300 mila euro». Dietro la pioggia di ricorsi biellesi, oltre che a livello nazionale, per l’avvocato Rinaldi c’è una difformità evidente tra la legge comunitaria e quella nazionale che non può che risolversi nell’applicazione di quella europea: «Il contrasto tra le previsioni del diritto comunitario e le regole dettate dalla normativa interna speciale del settore scolastico non giustificato da “ragioni oggettive” deve essere risolto dal giudice nazionale in favore delle prime, in ragione della loro superiorità nella gerarchia delle fonti, attraverso la disapplicazione delle norme interne confliggenti». Una tesi, quella dell’avvocato, che ha trovato il suo epilogo in Cassazione con la sentenza del 7 novembre 2016, su una causa che proprio Rinaldi aveva vinto in primo grado e poi in Appello. Secondo la sentenza, «vanno disapplicate le disposizioni dei contratti collettivi che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato».

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