Scuola e sostegno, cade il mito della continuità didattica: la delega della riforma va modificata

Pubblicato il 20/02/2017
Ultima modifica il 20/02/2017 alle ore 18:22
Teleborsa
Il decreto della Legge 107/15 sull’inclusione scolastica degli studenti con disabilità non salvaguarda i diritti dell’alunno. E nemmeno del docente specializzato. I motivi sono stati spiegati dall’Anief, durante le audizioni tenute al Senato e alla Camera dei deputati, e ribaditi a seguito delle crescenti proteste di questi ultimi giorni.

L’insegnamento del sostegno è assegnato alla scuola, quindi alla classe, al pari degli altri componenti, spiega il sindacato della scuola. E, siccome l’alunno con disabilità è collocato in un gruppo-classe, "è chiaro che è il Consiglio ad approvare la programmazione differenziata, come l’ammissione alla classe successiva: pertanto, o si bloccano tutti i membri del Consiglio stesso o si lede la continuità didattica". Essa, infatti, diventa un "obiettivo impossibile da conseguire, perché significa che ogni docente non dovrebbe mai assentarsi per maternità, malattia o altro".

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, "il vincolo di dieci anni di permanenza dei docenti specializzati dopo l’immissione in ruolo non tiene conto di troppi aspetti. Ecco perché la continuità è un mito da sfatare. Poi c’è almeno un’altra incongruenza: se un docente insegna tre anni alle medie o cinque alla primaria o alle superiori, perché il vincolo sul sostegno è stato portato a dieci anni?".