Torino

Torino: i prof con la valigia ricorrono al Tribunale: "Trasferimenti illegittimi"

Causa di lavoro al Ministero: a marzo le prime sentenze

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La grana era scoppiata ad agosto, con centinaia di professori costretti a fare le valigie per trasferirsi al nord, quasi sempre per colpa del celeberrimo “algoritmo” sbagliato. Poi, in autunno, il ministero dell’Istruzione aveva tentato una conciliazione, proponendo alcune delle cattedre che erano rimaste vuote. Alla fine, però, tanti docenti non erano comunque soddisfatti e hanno deciso di chiedere giustizia. Il risultato è che il tribunale del lavoro di Torino ha iniziato a occuparsi proprio di loro, i prof con la valigia. Qualcuno ha già ottenuto ordinanze cautelari ed ha potuto tornare vicino a casa, nell’attesa che arrivi la sentenza. Ma una delle prime udienze di questo tipo è già in calendario per metà marzo.
Giuseppe Minissale è un avvocato di Messina che sta seguendo 70 casi del genere in tutta Italia: «Molti sono in Piemonte, a Torino, Verbania, Vercelli, Novara», racconta. Lui è stato uno dei più lesti perché ha puntato dritto al tribunale del lavoro, senza passare attraverso i giudici amministrativi: «È stata la scelta giusta, perché a inizio dicembre il Tar ha dichiarato di essere in difetto di giurisdizione », dice il legale siciliano. Che nell’attesa delle prime sentenze ha già incassato il temporaneo via libera del giudice in diversi casi: «Uno riguarda una ricorrente che lavorava a Torino e che è stata assegnata a Ragusa in virtù di un’ordinanza di sospensione».
Qualcuno, però, ha già ottenuto ciò che chiedeva. È il caso di una docente seguita dall’Anief, il sindacato celebre per la mole di ricorsi che presenta in tutta Italia. A livello nazionale 285 insegnanti, di cui 23 solo in Piemonte. Uno di questi riguarda una professoressa che era stata assegnata a una scuola dell’ambito “Torino 10” (che comprende istituti tra il Chierese e il Carmagnolese) anziché al “Torino 4” (cintura sud del capoluogo) che invece avrebbe voluto scegliere lei. La sentenza è arrivata venerdì e il giudice ha dato ragione alla professoressa: «Davanti a lei erano passati 25 colleghi che avevano un punteggio più basso», racconta Giovanni Rinaldi, l’avvocato che segue l’Anief in Piemonte. E il ministero? «Non è neppure riuscito a formulare una difesa, perché è chiaro che il problema è nato a causa dell’algoritmo sbagliato», dice il legale.
Insomma, questo primo caso pilota si è risolto in favore della prof, che non aveva richiesto il risarcimento dei danni (anche perché sono stati minimi vista la distanza tutto sommato contenuta) ma che ha comunque ottenuto il pagamento di 3.600 euro per le spese processuali. Come andrà ai docenti che hanno dovuto spostarsi dal Sud? «Noi stiamo portando avanti solo cause su cui possono esserci ben pochi dubbi. Uno dei requisiti fondamentali è che si deve trattare di una mobilità avvenuta all’interno di una stessa fase e non di due differenti», spiega Rinaldi. I neoassunti poi finiti nel calderone della mobilità sono infatti stati assunti in momenti diversi e dunque, per esempio, è difficile far valere le proprie ragioni su colleghi della fase “B” quando si è stati presi nella “C” o viceversa.
In fondo, gli insegnanti in questione rischiano di dover rimanere in una provincia lontana per tre anni prima di potersi spostare di nuovo, dunque in molti stanno tentando la strada della giustizia. Altri hanno chiesto e ottenuto una “assegnazione provvisoria” e il ministero ha permesso loro di occupare temporaneamente una cattedra più vicina a casa tra quelle rimaste vuote nelle loro regioni. Visto dall’altra parte, il problema è sempre lo stesso: ogni volta che il docente riesce a ottenere un avvicinamento lascia la propria classe scoperta. Il lungo valzer delle cattedre e delle supplenze, quindi, non è ancora finito.